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Ermanno Campera: l’uomo degli attimi e della sorprendente serenità

Pochi di Voi lo conosceranno, anche perché vip o personaggio noto non è. Ermanno Campera detto Pippo è l’uomo che quest’estate, mentre vagabondavo a Salto di Fondi (LT), mi ha insegnato il valore degli attimi. Non della vita badate bene, ma degli attimi. Avrei voluto raccontarvi di lui già da un po’, ma non ho avuto “tempo”, impegnata come sempre a “fare” tante cose a caos. Custodisco gelosamente i momenti trascorsi ad agosto con lui, la moglie Anna e il nostro amico in comune, Fabio M. che ci ha presentato. Ermanno non lo sa, perché non gliel’ho mai detto e perché non gli dedico molto “tempo”, ma l’incontro con lui è stato per me importante. Sapete cosa ha fatto per rendersi straordinario ai miei occhi? Mi ha recitato sulla sabbia nera di Fondi una poesia che aveva scritto mentre era ricoverato mesi prima (marzo 2018) in ospedale per problemi al cuore (infarto). Non potete immaginare quanto ho riso dentro di me mentre la leggeva. Ve ne faccio dono sul finire dell’anno, perché possiate sorridere anche voi e apprezzare la semplicità e il valore di cose non banali come il cibo. Il titolo? “Che me magnavo”. E vi ho già detto tutto…

Tra le cose mie più belle | me ricordo le animelle | anche se ancor più bella | è, rimane e rimarrà pe me la coratella. | Poi che voi dì de rigatoni co la pajata | con dopo alla brace na tajata, | e non era cosa rara | anche un po de coda a la vaccinara. | Perché te fa schifo la carbonara? | Nun te sembrerà quinni cosa strana | che dopo quella , me facevo na matriciana | con pancetta o cor guanciale | per me era sempre tale e quale. | Si ci avevo poi er languorino | me facevo cor salame no sfilatino | e si ce avevo proprio er languorone | me pijavo un tiramisu ar mascarpone. | Li carciofi alla giudia | me mannavano in visibilia. | Mo, me sento un po castrato | che tutto questo mè vietato | e così sto a diventa n grissino  | pe via de n infartino. | Tutto senza gnente sale | ma questo è un gioco che nun vale, | ora me sogno pe la notte tutta | na cofana de pastasciutta | e prima o poi devo da fa na zingarata | pe famme in pace na magnata. | Accanto un bon bicchiere de vino, |e poi pe urtimo cicchettino | rhum, cognac o che sia amaro | senza esse mai troppo avaro. | In fonno è bene avè na aspirazione, | senza fà troppo er cojone  | perché il sogno può può sembrà na festa | ma po’ pure diventà na tempesta. | Cò quello che me so magnato | quarche  cosa devo avè imparato | e la morale quindi è che porca puttana | se magnerò ancora così,  nun sò li sartinbocca | che me faranno venì la biocca | ma tanti carcinculo a la romana | uno a uno da li parenti | e ricordanno che so armeno 320  | pè nun magnà me sarteranno li denti. | Così sia pure concesso , | è l’eccesso che te fa fesso.

Io adoro questo signore di 71 anni libero da condizionamenti esterni, dalla sorprendente serenità, dalla curiosità indomabile, dalla leggerezza di spirito, dal cuore grande che in un giorno d’estate mi ha insegnato a non prendere nulla troppo sul serio (eccezion fatta per la salute), a “non guardare indietro con ira, non guardare avanti con paura ma guarda intorno a te con consapevolezza“,  a desiderare l’equilibrio e a sdegnare gli eccessi che solo quelli ti “fan fesso”. Ermanno qui te lo scrivo: Grazie.

 

 

 

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