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RIZOMA-PINOCCHIO: MOLTO PIU’ DI UNA FIABA

Dopo la Bibbia e il Corano, Pinocchio è il libro più tradotto nel mondo e condivide con Cenerentola il privilegio di essere la fiaba più conosciuta da tutti i bambini che siamo stati. Come è possibile che un testo, nato tardi, nel 1880, rispetto ad altre fiabe e miti universali, abbia fatto tanta strada dalla Toscana provinciale e rispettabile post-unitaria, salotto di un’Italia umbertina e carducciana, sino alle soglie dell’età globale in cui ancora ispira la comicità stralunata di Benigni? Esiste, forse, sotto la pelle di questo burattino, reso celebre anche dal film un po’ zuccheroso della Walt Disney, una carica eversiva, colta da alcune trasformazioni e trasposizioni di genere come la nota rivisitazione teatrale di Carmelo Bene, che ce lo fanno amare indipendentemente dalla morale che se ne trae. Indipendentemente, cioè, dallo sguardo adulto che conclude moralisticamente la fiaba del burattino divenuto bambino. A indagare l’ambiente in cui nasce e i meccanismi narrativi delle Avventure di Pinocchio e le trasposizioni a cui dà luogo il suo ”mito”, a cinema come a teatro e nella pubblicità, saranno un italianista, specialista del romanzo dell’800, il professor Ugo Maria Olivieri, docente presso il Dipartimento di Filologia Moderna ”Salvatore Battaglia”, e un semiologo Paolo Fabbri, esperto dei linguaggi mass-mediologici; il loro dialogo sarà intervallato dalle letture dell’attore Franco Javarone, indimenticabile Mangiafuoco nel ”Pinocchio” di Roberto Benigni. Questo appuntamento meta letterario che si è svolto giovedì 8 novembre presso il Museo Nitsch di Napoli, è la seconda puntata del ciclo ”Mitologia”, una iniziativa organizzata dai professori federiciani Francesco de CristofaroGiovanni MaffeiUgo Maria Olivieri eFrancesco Storti, in collaborazione con la Fondazione Premio Napoli.

 

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