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Le ho mai raccontato del vento del nord. Il libro di Daniel Glattauer

Le ultime lettere di Jacopo Ortis oggi non si scrivono più, perché troppo lunghe o perché troppo intense per essere assorbite, metabolizzate ed apprezzate tra una pausa pranzo e un,altra caffè. Però Daniel Glattauer, giornalista austriaco per il quotidiano Der Standard sa che il botta e risposta nelle faccende di cuore non passa mai di moda, ma lascia lettori e ascoltatori sospesi tra le corde di un’altalena emotiva. È su questo andirivieni di giochetti comunicativi, ammiccamenti virtuali e sfoghi passionali che non si consuma la relazione tra la sposa e madre Emmi Rothner e lo psicolinguista sentimentalmente fallimentare Leo Leike. La trama evanescente che appositamente non si infiltra in particolarismi narrativi, né in dettagli descrittivi, è il vero messaggio che trapela da questo esperimento letterario. Due anime sole, capaci di cercarsi e desiderarsi su una tastiera del pc non trovano il coraggio di farlo realmente, come se la luce del sole potesse trasformare le loro vite letterarie e incandescenti in banali esistenze che s’incontrano per poi disperdersi nelle sordide storie d’amore del mondo. Emmi e Leo siamo noi che ci ostiniamo a volerci bene con acronimi di tre lettere , senza osare neanche e almeno la mistificazione letteraria di una pagina intera. Siamo noi che ci emozioniamo per un post in cui si scrive con parafrasi diverse <ti amo> e non ci accorgiamo che nostro marito ha ferite negli occhi e un livido sul cuore. La magrezza narrativa di Le ho mai raccontato del vento del nord è la legge del contrappasso per la nostra fame di eventi e la nostra incapacità di provocarli. Mancano le azioni, c’è solo tanto cuore. Ma senza quelle azioni anche il caro vecchio cuore sembra morire tra il tasto di invio (solo parole) e dello spazio( tra il tutto e il niente).

 

Ph. Valeria Farinella

 

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