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Fondation Valmont presenta a Venezia la mostra “Alice in Doomedland”

Per la sua terza mostra tematica a Palazzo Bonvicini, Fondation Valmont ha chiesto a quattro artisti contemporanei di presentare una propria versione della storia di Alice in Wonderland, una fiaba a specchio dalle infinite sfaccettature, il cui immaginario travalica le epoche, mantenendo intatto tutto il suo carattere di attualità.

Alice nel paese delle meraviglie è un testo allegramente sovradeterminato e polimorfo. Si sviluppa in un numero indefinito di forme, che si mescolano in maniera diversa nell’esperienza di ogni singolo spettatore, ascoltatore e lettore, giovane o vecchio che sia”. Michael Hancher in Christopher Hollingsworth, Alice Beyond Wonderland.

Dalla rivisitazione del romanzo di Lewis Carroll del 1865 ha così origine un nuovo racconto (o un racconto rinnovato): Alice in Doomedland.

La forza evocativa del giardino delle meraviglie si trasforma in uno sguardo senza compromessi sul mondo di oggi. Anch’esso sarà condannato come annuncia il titolo volutamente provocatorio della mostra? Il re-incanto della vita quotidiana attraverso l’arte invita a porsi questa domanda per poi cercare di proporre delle risposte.

La mostra riunisce Didier Guillon, la coppia di artisti Isao e Stephanie Blake e Silvano Rubino. Ognuno di loro ha prodotto per la mostra un’installazione unica, pensata su misura per il maestoso spazio di Palazzo Bonvicini.

Oltre alle opere singole è poi presentato un grande lavoro collettivo, che riunisce gli approcci di ognuno in un’opera comune.

Nell’ottica di questa mostra collaborativa è stato rivolto un invito anche all’organizzazione nonprofit newyorkese Publicolor, cui è stato chiesto di partecipare facendo sviluppare ai suoi allievi un lavoro che tratta uno dei più celebri passaggi del racconto.

Secondo i due curatori,Luca Berta e Francesca Giubilei, i visitatori saranno coinvolti sul piano sensoriale, simbolico e visivo: “Qui bisogna
soffermarsi, abbracciare il punto di vista di Alice, spostare la propria percezione delle cose e assumere una visione nuova per capire meglio il mondo che ci circonda


Il filo rosso della mostra è quello dell’immersione nell’arte che illumina la contemporaneità anziché condannarla, permettendo di instaurare un dialogo con gli artisti, ma anche con gli altri visitatori.

Gli artisti sono quindi come interpreti che ci permettono di capire il modo in cui Alice parla a noi, così come ha parlato loro. Le varie installazioni proposte, dal carattere effimero, ma attente alla sostenibilità e all’ecologia dei materiali, comunicano tra loro.

Il percorso è pensato quindi come un’esperienza immersiva, che invita a vivere pienamente tutta la visita, da cui ognuno potrà poi trarre una lettura personale, ottenuta grazie a opere che stimolano esperienze plurime e uniche al tempo stesso, in grado di andare oltre le differenze generazionali o individuali.

La riflessione di ampio respiro condotta dai curatori e dagli artisti converge così in un evento unico a Palazzo Bonvicini.

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